Voglio mangiare il tuo Pancreas - Una storia delicata e intensa che riflette sul senso dell'esistenza

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“All’improvviso, il buio. Poi un lieve bagliore comincia a graffiarmi gli occhi. Proviene da una lontana fiaccola che illuminal’imbocco di un interminabile corridoio. La fioca luce si infrange sul profilo di un’imponente bilancia d’oro massiccio.Inconsciamente so che sono in attesa di un giudizio. Sto attendendoun verdetto. Da un lato della bilancia riconosco il mio cuore,dall’altro si trova una piuma dalle barbe brunite. La dea alata siedeimperscrutabile. Un'antica creatura attende fremendo e sbavando.Le sue fauci di coccodrillo schioccano a intermittenza regolare. Brama di cibarsi della mia anima, qualora questa risulticorrotta. Questo era il giudizio di Maat, questa la sentenza di Ammit.”

Nella società occidentale, le prime teorie sull'anima risalgonoall'Antico Egitto, dove si credeva che essa fosse divisa in cinqueparti, con il cuore (Ib) come elemento centrale. La pesatura delcuore, messo su una bilancia contro la piuma della dea Maat,rappresentava la prova definitiva della purezza. Se impuro, il cuoreveniva divorato da Ammit, la bestia ibrida di coccodrillo,ippopotamo e leone, condannando l'anima a un'eterna inquietudine.

L'uscita nei cinema italiani del live action Voglio mangiare il tuo pancreas il 3, 4 e 5 marzo, grazie alla rassegna I Love Japan, ci offre l'occasione per riscoprire un'opera che, dietro ilsuo titolo provocatorio, cela una riflessione profonda sulla vita, lamorte e il legame tra corpi e anime.

Il film, tratto dal romanzo di Yoru Sumino, segue la storiadell’incontro tra Sakura Yamauchi, una ragazza affetta da unamalattia terminale al pancreas, e un suo compagno di scuolaintroverso, il cui nome rimane celato per gran parte del racconto. Ilragazzo scopre per caso il diario segreto di Sakura, venendo così aconoscenza della sua condizione. A differenza di tutti gli altri,non la tratta con pietà o compassione. Questo spinge la protagonistaa legarsi a lui in un rapporto che oscilla tra l’amicizia e qualcosa di più profondo. Mentre il tempo scorre inesorabile, i due siconfrontano sulla vita e sulla morte, cercando di dare un senso aigiorni che restano.

Ma poi, a che cosa serve il pancreas?

Il pancreas, organo apparentemente insignificante nel nostroimmaginario emotivo, diventa il fulcro simbolico del film: perSakura, malato e destinato a cedere; per il suo nuovo amico, unmistero da comprendere.

Nell’antichità era il cuore ad essere considerato la sede dell’anima, ma cosa succederebbe se la nostra essenza risiedesse altrove? Nel pancreas, per esempio. L’idea di consumare un organo per trattenere l’essenza di unapersona non è poi del tutto estranea a molte culture su questo nostro pianeta.

Pensate che i Kaxinawá, popolo indigeno dell'Amazzonia,praticavano il cannibalismo funerario come atto di compassione:consumare il corpo del defunto significava evitare che la sua animasi disperdesse. Allo stesso modo, i Wari dell’America meridionalecredevano che ingerire il corpo di un caro scomparso fosse un modoper integrarlo nel proprio essere, per non lasciarlo vagare senzascopo.

In questa prospettiva, il titolo del film assume un significato piùprofondo: Let Me Eat Your Pancreas è una dichiarazione d’amore,un desiderio di fusione con l’altro. Mangiare l’essenzadell’altro significa non lasciarlo andare, farlo vivere dentro di sé.

Il film affronta questi temi con un tono emotivo marcato, anchese alcuni potrebbero definirlo leggermente cheesy. La regia di Sho Tsukikawa opta per riprese ravvicinate e dai toni caldi cercando dicreare un senso di vicinanza e fragilità. Tutto sommato leperformance degli attori risultano coinvolgenti, anche se il confinetra la Sakura di Minami Hamabe e la più occidentale einsopportabilmente idealizzata protagonista di un film indie sembrain alcuni punti quasi sfumato.

Il rapporto tra i due protagonisti si sviluppa con una delicatezzache evita le banalizzazioni tipiche di molte storie sentimentali.

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Nonostante la consapevolezza della fine imminente, la loro relazione non è basata sulla sofferenza, ma sulla scoperta reciproca. Sakura non è una ragazza che ha bisogno di esseresalvata, né il protagonista è un eroe chiamato a cambiarle la vita.Entrambi si offrono qualcosa di unico: la leggerezza di vivere nelpresente e il coraggio di guardare oltre la paura della morte.

Il film esplora non solo il concetto di legame tra i vivi e i defunti, maanche il modo in cui la consapevolezza della fine imminente puòtrasformare il significato dell'esistenza.

"Spero che la morte sia come essere portati in braccio nella propria stanza, come quando eravamo piccoli e ciaddormentavamo sul divano durante una cena di famiglia. Spero che si possano sentire le risate provenire dalla stanza accanto." - Lillies Unbounded

Honorable mention

Un confronto interessante può essere fatto tra questo film e laversione anime del 2018. I due si muovono infatti su due binari narrativi diversi seppur condividano il DNA di base.

Da una parte abbiamo il lungometraggio animato che si orientaverso una rappresentazione intimista: sottolineando la parte emotiva e le riflessioni interiori dei personaggi attraverso la rappresentazione di oggetti e ambienti quotidiani supportati da unsublime uso dei colori e della colonna sonora. Si sofferma sulledelicate e sottili sfumature del percepito, sui significati intrinsechi esimbolici delle piccole cose.

La pellicola “in carne ed ossa” adotta invece un approccio piùrealistico e riflessivo, che lascia spazio a una lenta assimilazionedelle emozioni. Persino il target viene slittato verso un pubblico più maturo, in quanto viene raccontato anche il punto di vista deiprotagonisti in età adulta.

Il mio consiglio? Se avete modo, date un’occasione ad entrambe leversioni. Meritano di essere viste, perché ognuna arricchisce lastoria con prospettive diverse e complementari.

La rassegnaI Love Japan è un'iniziativa che mira a portare nelle sale italiane alcune delle migliori produzioni cinematografiche giapponesi, offrendo al pubblico l'opportunità di avvicinarsi a unacultura affascinante e ricca di sfumature. Grazie a questa rassegna,gli spettatori possono non solo riscoprire capolavori già conosciuti,ma anche avere accesso a titoli meno noti che meritano visibilità. Il Giappone ha una lunga tradizione cinematografica e iniziative come questa permettono di apprezzare la varietà e laprofondità delle storie raccontate.

Il primo film della rassegna, Voglio mangiare il tuo pancreas, è unfilm del 2017 e si inserisce perfettamente in questo contesto.

Ha debuttato nei cinema italiani come evento speciale segnandol’inizio di un percorso che punta a valorizzare il cinema giapponese anche al di fuori dell’animazione. Il successo di questa proiezione testimonia l’interesse crescente del pubblico italiano per le produzioni cinematografiche nipponiche, cheoffrono narrazioni originali e cariche di emozioni. Ma la rassegnanon si ferma qui: il prossimo appuntamento sarà con Your EyesTell, in programma dal 7 al 9 aprile, seguito da April Come She Will,previsto dal 28 al 30 aprile.

L’importanza di I Love Japan va oltre la semplice distribuzione difilm: questa rassegna è un ponte culturale tra l’Italia e il Giappone, offrendo agli spettatori un’occasione rara di immergersiin storie che spesso non trovano spazio nella distribuzione tradizionale. In un panorama cinematografico dominato dablockbuster occidentali, iniziative di questo tipo permettono di darevisibilità a un modo di fare cinema profondamente diverso,in cui la narrazione assume un ritmo più introspettivo e attento ai dettagli emotivi. La scelta di includere sia live action che film romantici e drammatici dimostra la volontà di proporre una selezione variegata, capace di intercettare i gusti di un pubblico sempre più vasto e curioso.