Together - Tra Cronenberg e Psicanalisi

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Together (2025), opera prima di Michael Shanks, non è un body horror: è un dramma piuttosto leggero, ma non per questo meno godibile, sulla mancanza di comunicazione e confronto all’interno della coppia; il body horror c’è ma solo come strumento per incarnare questi problemi e dare loro una dimensione tangibile


Nel suo saggio Cosa può andare storto (Fabbri, 2024), la sessuologa italiana Roberta Rossi fa notare che “la compatibilità sessuale non è una condizione stabile e fissa nel tempo: le persone cambiano continuamente e con loro cambiano anche i livelli di libido e il modo e l’intensità in cui si prova il desiderio. Bisogna anche ricordare che gli eventi della vita, i cambiamenti ormonali e quelli nel comportamento possono influire sulla compatibilità sessuale di una coppia, e che ci sono molte ragioni per cui una persona può rifiutare il sesso o non esserne interessata”.


E proprio questa è la situazione che ci viene presentata all’inizio della pellicola: Millie (Allison Brie) e Tim (Dave Franco) non consumano un rapporto da mesi, presumibilmente da quando lei ha deciso di trasferirsi in campagna, soffocando i sogni di lui; solo la prima delle difficoltà che la loro relazione sta attraversando.


Difficoltà di cui però non parlano mai, molto realisticamente: il merito va a una sceneggiatura piuttosto ben scritta che non fallisce affatto a rendere le sottigliezze, le nevrosi quotidiane di una coppia che all’apparenza è felice, ma in pratica tiene in piedi il tutto per abitudine; complici sicuramente anche gli interpreti, sposati nella vita vera.

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Succede allora che i non detti sfocino, vuoi attraverso la dimensione dell’incubo che si fa voce delle necessità represse; ma anche nel reale, ed ecco i commenti piccati e velenosi che i due si scambiano appena si avverte la crisi. Ovvero le prime crepe, cui segue la penetrazione della dimensione orrorifica e corporale nel quotidiano: il body horror


E il richiamo all’inconscio di Freud non è un caso, se si prende in esame il ruolo di Tim all’interno della coppia. Lui è l’istanza debole dei due, inadeguata e del tutto priva di autodeterminazione. Senza patente deve delegare i suoi bisogni alle spalle della compagna. Lei è la professionista arrivata, lui il chitarrista fallito. Sarà proprio lei e non lui, a fare la proposta di matrimonio all’inizio del film. Infine, i traumi parentali. In psicanalisi sarebbe un caso da manuale: Tim si sente castrato dall’individualità di Millie. Non stupisce allora la sua impotenza. 


E non stupisce neanche che l’unico rapporto lo consumino, solo quando maledetti: come in La Mosca (1986) di David Cronenberg, il corpo umano, una volta manipolato, migliora. Così da interpretare allora il finale, e con esso il nuovo equilibrio ritrovato.


Dunque un buon film? Passabile; forse un po’ prolisso, davvero carina la fotografia. I cliché dell’horror ci sono tutti, ma passano inosservati perché ben amalgamati e funzionali alla pellicola.