The Conjuring 4 - Anche i demoni hanno i conquilini

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La scorsa sera, in cerca di qualcosa che potesse distrarmi dalla scrittura della tesi, mi sono imbattuta quasi per caso nel finale della serie The Conjuring. Sebbene non si tratti del prodotto più originale in circolazione, ritengo che i precedenti capitoli si possano tranquillamente categorizzare in “horror-pop-fatto-bene”; con un indice di qualità che specialmente nel primo film tocca livelli abbastanza alti. Per questo motivo, ero decisamente entusiasta di entrare in sala, anche solo per avere la possibilità di passare un paio d’ore barattando la paura del fallimento accademico con la paura dell’entità di turno. Spoiler: non è esattamente andata così. Durante il film, infatti, si assiste a un climax discendente, che ricalca perfettamente l’andamento dei capitoli della serie. Troviamo un incipit buono, una parte centrale mediocre e un finale davvero bruttino, che andremo a descrivere per ordine partendo proprio da ciò che c’è di salvabile nella pellicola.

Il film si apre con un flashback a partire da cui si racconta la nascita della figlia dei coniugi Warren, Judy, che successivamente seguiamo nella crescita fino alla maggiore età. Una caratteristica positiva che accomuna tutti i film della serie è la capacità di far sviluppare allo spettatore empatia verso i protagonisti, che a mio parere è uno degli elementi vincenti per costruire un film horror. D’altronde, mettere chi guarda il film nella condizione di fare il tifo per un personaggio a cui si tiene è un modo efficace per aumentare l’effetto-ansia. Ma torniamo a Judy: trattandosi della figlia della più amata coppia di investigatori dell’aldilà, la ragazza non può chiaramente avere una vita normale. Ci viene raccontato quindi il suo legame con uno specchio infestato, che quasi la uccide prima ancora di essere partorita, e il potere sensitivo che ha in comune con la madre. L’introduzione si chiude con un salto nel presente, in cui i coniugi Warren, ormai invecchiati e caduti un po’in disgrazia, tengono una lezione in una classe semivuota. Il livello empatia qui scatta alle stelle: il tempo non ha risparmiato gli eroi degli scorsi film, che però continuano imperterriti a volersi bene e a credere nell’importanza del loro mestiere.

Parallelamente, ci viene introdotta anche la famiglia di malcapitati che si troveranno loro malgrado a stabilire un contatto con il mondo degli spiriti. Gli Smurl sono la classica famiglia di ceto medio-basso degli anni ’80, con un numero di figlie decisamente sopra la media, che si vogliono bene nonostante le difficoltà. Ci vengono descritte scene della loro quotidianità, in una tranquillità che lascia presagire l’imminente arrivo di qualcosa di molto storto. E infatti, lo specchio malefico di cui si parlava prima viene portato in regalo dai nonni a Heather, una delle ragazze, in occasione della sua cresima. Le premesse sono buone: abbiamo un oggetto infestato, un legame tra la famiglia delle vittime e gli Warren, la possibilità di sbizzarrirci con la creatività e dare vita a spiriti inquietanti del livello di Valak. Tutto fa pensare che il film stia andando nel verso giusto, ma ecco che arriva la seconda parte.

Veniamo a contatto con gli spiriti che, sommando quelli della casa e quelli dello specchio, per qualche ragione sono 4 (la crisi abitativa ha colpito anche il mondo dell’aldilà? Neanche i demoni sono salvi dai coinquilini?) e scopriamo la forma in cui si manifestano. Abbiamo: un’anziana signora orripilante; la figlia della donna (di cui si parla su Wikipedia, ma che io non ricordo nemmeno di aver notato), un demone alla Russian Sleep Experiment, che è il primo ad esserci presentato poiché è proprio lui ad essere venuto in contatto con gli Warren e -udite udite- un tizio con l’ascia. A parte essere una tipologia di cattivo più da videogioco che da film, io penso vivamente che si sarebbe potuto giocare di più sull’aspetto “spirito”, visto che un tizio con l’ascia fa paura anche senza far necessariamente parte del mondo dei morti. La parte centrale del film si sviluppa quindi in maniera abbastanza standard, con qualche scena disturbante come quella in cui la sorella maggiore di Heather si ritrova a vomitare pezzi di vetro e sangue dopo aver provato a liberarsi dello specchio, oppure quella in cui padre Gordon, che ritroviamo dagli scorsi film, si impicca per volere del Male.

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Ed è proprio la morte di padre Gordon che ci fa giungere alla terza, disastrosa parte del film. Judy decide di ripercorrere le tracce del sacerdote curiosa di scoprire cosa l’abbia spinto a compiere l’estremo gesto, imbattendosi così negli Smurl. Al che gli Warren e il ragazzo di Judy (personaggio simpatico quanto inutile) non volendo lasciare la ragazza da sola alle prese con i demoni decidono di aiutare la famiglia Smurl nonostante i problemi cardiaci di Ed. E qui serve un fast-forward alla scena finale, in cui si verifica lo scontro decisivo tra le famiglie e le entità, perché è il momento in cui le cose vanno proprio in malora.

Innanzitutto, lo specchio prende vita mentre gli uomini, come nella più domenicale incursione all’Ikea, lo stanno cercando di trasportare fuori dalla casa. Ad essere disastroso non è tanto il concetto dell’oggetto senziente, ma il modo in cui il mobile decide di animarsi. Difatti, lo specchio inizia a girare vorticosamente su sé stesso in un modo che, che per chi ha almeno una conoscenza base del mondo dei meme stupidi, ricorda terribilmente il gatto che fa O-I-I-A-I-O-I-I-I-A-I. Il mio ghigno scemo dopo un’associazione del genere è duro da scacciare, e proprio mentre sto per riprendere un briciolo di compostezza si verifica un’altra scena davvero discutibile. Assistiamo infatti ad una possessione di Judy da parte del demone-capo, durante la quale la ragazza attacca il suo stesso padre usando il Potere dell’Infarto. Questa abilità speciale, di cui ci viene data una dimostrazione, consiste nell’appoggiare il palmo sul torace del nemico, per causare all’istante un arresto cardiaco. Nonostante la scena sia quindi tragica, con il povero Ed che si accascia a terra, il modo in cui il demone decide di agire provoca in me un secondo attacco di ilarità, difficile questa volta da allontanare. Per mettere infine la ciliegina sulla torta, il film si conclude con gli Warren che sconfiggono il Male con il Potere della Famiglia. Davvero, non si capisce bene cosa porti lo specchio a esplodere, se non il fatto che i tre si vogliano tanto, tanto bene.

Disorientata e confusa dalla serie di scene finali, cerco di riprendermi con l’outro, in cui viene raccontato il futuro felice della famiglia Warren tramite una visione di Lorraine. Rimango seduta per i titoli di coda, in cui si racconta brevemente la storia dei veri Warren, e rimango piacevolmente sorpresa dal fatto che si tratti del momento più inquietante del film, secondo solo alla proposta di matrimonio che il ragazzo di Judy le fa dopo sei mesi di relazione (spaventosissimo). Il mio parere, però, è irrimediabilmente univoco: il film è fatto male. Torno a casa sconfitta e delusa, dando un addio amaro ai coniugi Warren, con la consapevolezza che, sebbene nessun demone riuscirà ad allontanare dalla mia mente i codici Python che mi aspettano domattina, potrò sempre ripensare allo specchio che fa O-I-I-A-I-O-I-I-I-A-I per tirarmi su il mo

Arale.