Recensione Die, My love - Biancaneve è la cattiva
Biancaneve è la strega
Proprio un anno fa usciva su MUBI Witches, documentario di Elizabeth Sankey che racconta la sua depressione post-parto, associandola alle varie rappresentazioni della strega nei secoli. Per la regista la strega non è una figura sovrannaturale, bensì antropologica: una donna stigmatizzata per i suoi problemi di salute mentale e il comportamento avverso o inadatto alla società per come questa le veniva imposta.
In questa misura, Grace (Jennifer Lawrence) è una strega da manuale. Grace è la protagonista di Die My Love, quinto lungometraggio di Lynne Ramsay (anche questo distribuito da MUBI), che non porta in scena una vicenda, ma racconta un’emotività: quella disturbata di una giovane scrittrice che è appena diventata madre e vive un rapporto conflittuale ed estremo con il compagno Jackson (Robert Pattinson) e con il mondo.
La regista e il direttore della fotografia Seamus McGarvey (Animali Notturni, M-Il figlio del secolo), costruiscono infatti un impianto visuale fortemente simbolista, che rispecchia gli stati emotivi della protagonista: gli interni claustrofobici stanno al ruolo di madre e donna di casa; i paesaggi boschivi inquieti e sterminati, mostrano il fascino e la paura di abbandonare i vincoli sociali ai quali Jackson e gli altri personaggi l’hanno relegata.
Grace passa le sue giornate a bere e annoiarsi; il compagno non è mai presente, e quando c’è, la trascura. Quando può si intrattiene con la suocera, a suo modo strega anche lei (si è alienata dalla morte del marito) e che, come tutte le altre madri che incontriamo nel film, la tratta con ipocrita comprensione, credendola in difficoltà nel crescere il bambino. Il fatto però è che Grace non ha problemi a prendersi cura di suo figlio; ciò che invece non può soffrire è quella forza invisibile che le impone di essere madre come ruolo sociale e non per diritto di natura. Ecco allora che Grace regredisce a uno stato animale, selvaggio; la totale mancanza di comprensione da parte delle persone che la circondano, si traduce in violenza.
Merito enorme della sceneggiatura e della regia è rendere al meglio queste sottigliezze in un film che è molto essenziale e ben limato. L’altro merito va ovviamente alla brillante performance di Jennifer Lawrence, che porta meravigliosamente in scena un personaggio ferino, caustico e libero; anche se talvolta un po’ eccessiva e insistente in alcune gestualità. Forse per questo, talvolta, lo spettatore non riesce a sentirsi a pieno trasportato dalla vicenda. La chimica con Pattinson è invece priva di sbavature, il loro rapporto è molto naturale, sottile; il personaggio di Jackson preso da solo, invece, è un po’ più sotto di tono.
Piccolezze, ovviamente. Il film valeva di gran lunga il prezzo del biglietto.

