Presence - Recensione: Verrà la morte e avrà i tuoi occhi

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La famiglia Payne si è appena trasferita in una nuova casa e, sorpresa delle sorprese, come nel più classico dei film horror labitazione è infestata da una misteriosa Presenza. Ma dato che chi detta le regole è Steven Soderbergh (lo troviamo in regia, montaggio e fotografia), Presence non è una ghost story come tutte le altre... Come già con Unsane (2018), anche stavolta il risultato è sorprendente.

I membri della famiglia sono quattro, fratturati in coppie da due: il matrimonio dei genitori è in crisi e fratello e sorella sembrano odiarsi. La madre Rebekah (Lucy Liu), fredda e cinica, si interessa solo di se stessa e del figlio Tyler (Eddy Maday), promettente nuotatore ma egoista e superficiale. Il padre Chris (Chris Sullivan), amorevole e attento, è preoccupato per la figlia Chloe (Callina Liang), triste e malinconica per la perdita della sua migliore amica Nadia. Sarà forse lei la Presenza che si aggira per la casa?

 

Quello che ti fa paura alla fine è sempre solo un punto di vista

Questo «gruppo di famiglia in un interno» ci è presentato attraverso un punto di vista particolare: la soggettiva del fantasma.

La Presenza assume i panni di un narratore onnisciente: conosce segreti di cui non tutti i personaggi sulla scena sono al corrente, e ne informa lo spettatore attraverso il suo sguardo (e il suo udito).

La soggettiva fa il paio col piano sequenza: la Presenza si muove per la casa, cambiando stanze, scendendo scale, entrando nell’armadio, avvicinandosi ai membri della famiglia quasi fino a sfiorarli.

C’era il facile rischio che questo esercizio di stile diventasse una gabbia, un’inutile scelta stilistica dal risultato artefatto e noioso. E invece è proprio in questa sperimentazione formale che risiede il punto di forza di Presence. Soderbergh ha compiuto una magia: è riuscito a far percepire che quello sguardo non è neutro, non è solo quello della macchina da presa, ma appartiene veramente a un personaggio. La Presenza, pur priva di corpo e voce, con lo sguardo riesce a comunicare le proprie emozioni: la sua confusione iniziale – anche lei, come noi spettatori, deve capire dove si trova e chi sono queste persone che abitano la casa –, la sua rabbia, la sua gentilezza – per esempio nel riporre in ordine i libri di Chloe –, il suo istinto protettivo. E imparando a conoscerla, smettiamo di averne paura.

Nel suo esserci, nel suo partecipare, nel suo volersi far percepire risiede lo scarto tra lo sguardo della Presenza e quello di chi sta in sala (o sul divano di casa): se inizialmente le due parti sembrano occupare gli stessi ruoli – in quanto la Presenza, proprio perché non vista, sembra passiva – col procedere del minutaggio questa fa valere la sua volontà, agisce e cambia le sorti. Mentre lo spettatore può solo restare a guardare.

 

«Se fossi sola in un bosco, preferiresti incontrare un uomo o un orso?»

Ricordate questo trend? Ecco, se fossi sola in una casa infestata, preferiresti trovartici con un ragazzo o col fantasma?

 

Spoiler Alert: a discapito di quanto dovrebbe accadere in un canonico film horror, tra uomo e fantasma non è l’ultimo quello che dovresti temere.

La cosa che spaventa in questo film sono gli umani: una madre fredda ed egoista che ride quando il figlio prediletto racconta di aver diffuso foto di nudo altrui; un ragazzo (Ryan, interpretato in modo strabiliante da West Mulholland) che droga le proprie vittime, le stupra e le uccide.

In un mondo così, come potremmo pensare che sia il fantasma a farci del male?

In un colpo di scena, l’horror si rivela un thriller, che a sua volta si rivela quasi una fiaba (seppur sanguinolenta, ma del resto molte fiabe in origine lo erano) per i codici con cui è costruito: la Presenza diventa l’aiutante magico, che coi suoi poteri soprannaturali interviene a favore dell’eroina del racconto assicurando (per lei) il lieto fine.

 

In ultima analisi, l’horror è un confezionamento, un contenitore che racchiude al suo interno un dramma famigliare, puntando l’attenzione sui disagi adolescenziali e sulla violenza emotiva e fisica: cosa che forse ad alcuni farà storcere il naso, ma che è interessante ai fini dell’esplorazione del genere, andando così a inscriverlo a pieno nella contemporaneità.

Presence, adottando lo sguardo di una presenza ultraterrena – teoricamente Lei la cattiva – fa luce sul fatto che il Male è in mezzo a noi, dentro di noi. Non al di là dal nostro mondo, ma al di qua: non ci resta che farci i conti.

 

* I titoletti in corsivo presenti nel testo sono tratti rispettivamente dalla poesia Verrà la morte e avrà i tuoi occhi di Cesare Pavese e dalla canzone Punto di vista di Emma Nolde feat. Niccolò Fabi.