La vetta dell'illusione
In un certo momento della propria esistenza, qualcuno può sentire il bisogno irrefrenabile di cercarsi in qualcosa che è al di fuori di sé. Si tratta dell’illusione di raggiungere la vetta.
Questa conduce la gente a stare sulle punte dei piedi con un atteggiamento proteso verso l’alto, ammaliati dallo splendore del cielo, ignari del vuoto sottostante. Ciò provoca un’adrenalina che genera dipendenza e alimenta l’idea di quel mondo dorato e ingannevole che nasconde una voragine di amare disillusioni.
Così nasce una dimensione in cui sembra che tutto possa brillare di luce propria, ma in realtà si tratta di una fiamma che brucia chi vi entra, catapultando l’essere umano in una situazione di abusi e negazione della propria identità.
Questo tipo di atteggiamento si trova in alcuni dei caratteri più interessanti della storia del cinema, come Scarface, Blow, The favourite, Parasite e Anora. Tutti condividono questa volontà di svolgere un’ascesa verso il potere e verso la scintillante ricchezza che, tuttavia, conduce a una precipitosa e rovinosa caduta verso il basso, portando alla perdita anche della propria anima.
Elvira Hancock, Mirtha Jung e Abigail sono donne immobilizzate dal desiderio di ottenere quel potere e di godere della sua luce riflessa, annebbiate dal miraggio di una vita scintillante che promette gloria eterna. Bramose della volontà di brillare in un mondo di apparenze, si tuffano in un abisso di compromessi sempre più oscuri, senza più via di fuga.
Protese verso l’alto, esse tendono faticosamente la mano provando a catturare le stelle, ma restano impigliate nelle ombre, anestetizzando i propri sentimenti per non crollare sotto il peso delle loro scelte.
Completamente innamorate e soggiogate dall’immagine che proiettano nel mondo, non comprendono il vuoto che si cela dietro di essa. Si circondano di uomini e donne che vivono solo per alimentare la loro stessa vanità e potenza, trascurando il fatto che la loro discesa è già cominciata.
Vivono in un regno dove la felicità è solo una chimera, come prigioniere di un lusso che non salva e di un potere che non nutre, incapaci di vedere oltre il riflesso del loro stesso dolore anestetizzato. Partendo da Elvira, con la sua bellezza glaciale e il sorriso seducente, risulta essere l’emblema di una donna che ha scelto di indossare la maschera del lusso, scambiando la solitudine con i diamanti.
Il suo cuore brilla, ma è vuoto e inaridito dalla mancanza di amore autentico, dal momento che Tony Montana si è innamorato anche per quello che lei simboleggiava agli occhi degli altri: uno status prestigioso. Entrambi uniti dalla sottomissione al lusso e al potere diretto o riflesso.
Il suo sogno di essere ammirata e desiderata si scontra con la realtà di essere solo un oggetto di cui vantarsi nel gioco del potere, una prigione dorata da cui non riesce a fuggire, anche se ne avverte il peso.
Poi si trova Mirtha Jung, complice di George Jung, cerca di realizzare un sogno di ricchezza, che si tramuta in un viaggio attraverso la nebbia del pericolo, dove ogni passo verso l’alto la spinge più lontano da sé stessa. La sua ascesa si trasforma in una lenta erosione dell’anima.
Infine, prima di entrare nel discorso dei protagonisti di Parasite e Anora, è necessario soffermarsi su Abigail di The Favourite, che ambiziosa e maga delle menti, ha la capacità di entrare nei salotti privati della corte, tessendo la sua tela di inganni per guadagnarsi un posto accanto al potere. Tuttavia, come una farfalla che vola troppo vicino alla fiamma, la sua ascesa si rivela una discesa mascherata, fatta di inganni e sotterfugi che alla fine la consumano.
In ciascuna di queste donne, il desiderio di afferrare una vita scintillante le spinge a sacrificare ciò che c’è di più prezioso: sé stesse. Cercano di aggrapparsi a un’illusione di felicità che ripongono nel lusso, ma la ricchezza e il potere che tanto bramano finiscono per svuotarle, per renderle prigioniere di un mondo che brilla solo in superficie.
La loro lotta per il successo le porta a perdere ogni traccia di chi erano, trasformandosi in ombre che vagano in un regno privo di colori.
Non si può fare a meno di menzionare il recente premio Oscar, Anora, dove il personaggio di Ani si presenta come il simbolo di una disperata ricerca di evasione, intrappolata in un gioco di illusioni e speranze infrante.
Sebbene mossi da motivi differenti, in lei e in Ki-yun e Ki-woo di Parasite si riflette il desiderio di salire, di sfuggire alla prigione di una vita monotona e senza futuro. Ani vede nel giovane ricco russo un’opportunità: non solo una via di fuga fisica dalla sua quotidianità grigia, ma anche un’occasione di riscatto.
Tuttavia, si tratta di un’illusione che le promette di superare la barriera invisibile tra la sua vita e quella dei privilegiati. Proprio come Ki-yun e Ki-woo che, nel loro cammino verso la ricchezza e il riconoscimento, soccombono al peso della realtà, anche Ani si ritroverà a confrontarsi con il vuoto che si nasconde dietro ogni promessa di ascesa sociale.
Ki-yun, con il suo carattere molto spigliato, e Ki-woo, con il suo sogno di una vita migliore attraverso l’illusione di insegnare a una ricca famiglia, sono entrambi protagonisti di un’aspirazione che affonda nelle sabbie mobili della frustrazione.
La loro scalata sociale è fatta di inganni e travestimenti, ma la loro ricerca di un posto al sole finisce per rivelarsi una trappola, una corsa verso un obiettivo che, in fondo, non è mai definito completamente.
Non importa quanto abbiano lottato o quanto si siano spinti oltre i loro limiti, e quanto meriterebbero quel posto, la realtà li travolge con la sua crudezza facendogli conoscere la morte e la disperazione.
Il destino di Ani e dei protagonisti di Parasite rivela che la vera prigione non è la povertà, ma la disillusione: un’incapacità di capire che la scalata sociale non è soltanto un movimento verso l’alto, ma una lotta interiore, un conflitto con sé stessi e una volontà di negare la propria presente identità.
Così, Ani si trasforma nell’ennesima vittima di una corsa senza fine verso un successo che non si materializza mai, frantumandosi infine in un pianto disincantato.
La sua ascesa è fatta di speranze e, come Ki-yun e Ki-woo, alla fine si ritrova con le mani vuote, costretta a confrontarsi con la sua reale condizione.
Il vero riscatto non è nel potere o nel successo, ma nell’abbracciare la nostra essenza e nella forza di non trovare vie di fuga negli altri, ma partendo da sé stessi.