Non sono mai stata una di quelle persone che dicono di essere nate nella generazione sbagliata, ma il fascino che gli anni dal 2005 al 2015 esercitano su di me è innegabile. Nonostante io, una 2001’s kid, non abbia potuto vivere in prima persona il decennio d’oro dell’indie (dato che al posto di essere a qualche concerto degli Arcade Fire ero ancora alle cene di classe delle medie), da quando ho sviluppato un pensiero critico non faccio altro che cercare di ritrovare quell’atmosfera nei media che consumo. Dal culto di American Apparel ai primi album degli Arctic Monkeys, penso davvero che la coolness dei frutti di quell’epoca sia irriproducibile. O almeno, lo pensavo, finchè non ho conosciuto il cinema di Carolina Cavalli.
Con le sue protagoniste fuori di testa e fuori dal mondo, Carolina Cavalli è la regista delle weird girls, che tanto in Amanda quanto in Il rapimento di Arabella riesce a raccontare tematiche profonde in maniera anticonvenzionale e ironica. In questo compito la accompagna Benedetta Porcaroli, che nel ruolo della ragazza un po’ strana calza alla perfezione, forse proprio per l’apparente non-appartenenza all’archetipo dell’attrice nella sua vita fuori dal set.
Il rapimento di Arabella è un film cool nella connotazione più internettiana del termine. Se fosse uscito qualche anno fa, per l’appunto, Tumblr sarebbe stato invaso da fotogrammi del film con le frasi più iconiche a fare da caption in lettere gialle (avete presente?) ed accanto al tradizionale “Normal People Scare Me” le ragazze come me avrebbero rebloggato le migliori citazioni di Holly. Ad oggi quell’estetica si è un po’persa, ma questo film è stato per me capace di resuscitarla in pieno, riportando a galla un po’ di quell’animo indie che tanto avrei voluto vivere in prima persona.
Le protagoniste del film sono due: Arabella, bambina resa pestifera dall’indifferenza dei ricchi genitori (nei quali ritroviamo la non-proprio-velata critica dell’autrice al ceto alto-borghese che abbiamo imparato a conoscere in Amanda) e Holly, loser di prima categoria, che vive in auto e salta da un lavoro all’altro. Le due si incontrano nel parcheggio di un fast food e, per una serie di ragioni, Holly crede che Arabella sia la versione passata di sè, capitata nel presente per colpa di qualche oscuro accartocciamento dello spaziotempo. La bambina, a sua volta, asseconda la psicosi di Holly appena capisce che attraverso la ragazza può avere una chance di scappare dai genitori. E così, le due partono per un viaggio in auto, con Holly-grande in missione per cambiare la traiettoria del destino di Holly-piccola.
Il film si sviluppa sulla falsa riga del road movie, lungo il quale le due Holly attraversano una serie di spazi liminali (motel, stazioni di servizio, piccole città…) dall’aspetto tanto famigliare quanto estraneo, non appartenenti a nessun luogo e nessun tempo. I personaggi che incontrano lungo la via sono bizzarri ma a modo loro profondi, felliniani nell’animo ma trasportati nel 2025 (soprattutto grazie ai fantastici tagli di capelli). Ad accompagnarle nel loro viaggio, uno struggente senso di nostalgia, mischiato ad un’ironia disillusa veicolata da dialoghi surreali e ciniche battute.
Il film è ricco di citazioni ad altri autori, senza però mai scadere nel plagio. Prendi un pizzico dell’estetica di The Florida Project, i colori e la cura nelle riprese di Wes Anderson, un paio di trunk shots à la Tarantino, il surrealismo di Petite Maman, mescola con cura e poi svuota tutto in Pianura Padana: il risultato è un prodotto tanto originale quanto lontano dall’immaginario collettivo del cinema italiano, bersaglio di alcune critiche ma soprattutto di parecchi elogi.
E quindi? La verità è che, se Amanda mi era piaciuto davvero tanto, Il rapimento di Arabella mi è piaciuto davvero tantissimo e non mi stancherò mai di rivedermi nelle stranezze delle protagoniste dei film di Carolina Cavalli. La goffaggine con la quale Holly si muove attraverso il mondo, con la testa sempre voltata verso il passato, racconta bene come ci si sente ad avere la mia età, o forse qualsiasi età. Ma questo lo scoprirà la Alessia-grande che, per ora, non ho nessuna fretta di conoscere.
