CHE COS'È L'AMORE?
Con questa serie, Sorogoyen mette in dubbio l’idea di un amore perfetto come scelta ponderata e scientifica, ovvero il volersi innamorare senza perdere il controllo. Per farlo ricorre a un’indagine fenomenologica, portando su schermo questo sentimento così come appare nella nostra vita: un atto rivoluzionario che ci costringe a mettere in discussione la nostra identità, un evento inaspettato che rompe il nostro equilibrio narcisistico, un terremoto che ci trasforma e ci espone alle aspettative altrui.
Dieci Capodanni è quindi una ricerca, una riflessione sincera sulle relazioni umane e su quel coinvolgimento emotivo che cambia con noi e con il passare del tempo, mostrandone il carattere imprevedibile e facendoci capire come la bellezza risieda proprio nell’accettare questa condizione.
L’AMORE È MULTIFORME
La storia si concentra sulla relazione tra Ana e Oscar, ma concede spazio anche a personaggi secondari. Attraverso dei mezzi busti che ritraggono varie coppie, giovani innamorati e anziani sposati per un’intera vita, vediamo le sue sfumature, che si manifestano anche attraverso la famiglia e la rete di amicizie. Esiste chi non si lascia per colpa dell’abitudine e chi, una volta separato, mantiene il legame con il proprio ex. Non esiste un unico modo di amare.
Il focus rimane però quello di accompagnare i due protagonisti nel passaggio dagli “enta” agli “anta”, mostrandoci così come il rapporto sentimentale muti profondamente in un contesto pregno di incertezza e precarietà, risultando sicuramente più libero e meno convenzionale che in passato, ma anche più instabile e meno centrale. Provare affetto conta, ma non è l’unica cosa che vale in una società individualistica come la nostra, dove la ricerca del sé e l’appagamento professionale ricoprono un ruolo altrettanto importante.
IL PROBLEMA ESISTENZIALE DEGLI “ENTA”
La serie segue i due interpreti principali durante il loro passaggio dai 30 ai 40 anni. In questo arco temporale i giovani, che forse non sono più giovani, ma non sono ancora vecchi, sanno solo ciò che non sono e per questo stentano a trovare un’identità; i più non si sentono realizzati a livello professionale e faticano a progettare il futuro, mentre coloro che invece paiono avere una certa stabilità e sicurezza lavorativa difettano sul piano relazionale, arrancano nell’instaurazione di rapporti sociali veri e propri.
Ana e Oscar sono le due facce di questa medaglia generazionale, ci portano sullo schermo, ci interpretano, perché quelle sono anche le nostre storie, ed è proprio per questo che riusciamo a “vivere” le 10 puntate come se fossimo lì, presenti e impreparati ad affrontare quell’intricato labirinto emotivo in cui, per orientarsi, non esistono corsi o guide, ma solo l’insufficiente esperienza ottenuta sul campo.
CAPODANNO COME SIMBOLO
Perché è stata scelta proprio questa ricorrenza? Il Capodanno ha una chiara funzione simbolica che implica un’eccedenza di senso, non è un mero espediente narrativo. Rappresenta la possibilità di un nuovo inizio, il giorno in cui tiriamo le somme sul nostro passato e/o e ci interroghiamo sul futuro, uno spartiacque nelle fasi della vita.
Ma le persone cambiano davvero grazie a questo evento? No, infatti Ana e Oscar reiterano i loro errori proprio come noi. Siamo portati a credere che il tempo possa aggiustare tutto, ma è solo un’illusione: il cambiamento non è dovuto al semplice scorrere dei secondi, bensì alle nostre scelte prese in quel periodo. Si fa avanti un’altra tematica, quella tra destino e libertà.
DESTINO E LIBERTÀ
I nostri si avvicinano e si allontanano, sperimentano altre relazioni e prendono decisioni diverse, ma alla fine si ritrovano ogni Capodanno, come se la provvidenza avesse dei piani per loro. Sono anime gemelle ? O è solo frutto di casualità? Forse entrambe le cose. Sembra esserci un amor fati, al contempo però giocano un ruolo decisivo le scelte dei protagonisti.
Sorogoyen sembra volerci dire che il destino non ci predetermina, al massimo ci mette sulla stessa strada; tocca a noi però decidere se proseguire insieme. È una serie di possibilità che ci si presenta, è un’occasione da cogliere attraverso la nostra scelta. Chi non lo fa rischia di perdere il treno. L’amore è una combinazione tra questi due elementi.
UNA REGIA AL SERVIZIO DELLA NARRAZIONE
Come ormai è nel suo stile, Sorogoyen prende le distanze da quel tipo di registi tronfi del proprio operato, che non sprecano occasione per concedersi vani virtuosismi all’insegna dell’autoreferenzialità; non è quel tipo di artista. È solito lasciare spazio alla scrittura e alla messa in scena, che rimane il focus a cui dedicare la maggior parte degli sforzi. La direzione artistica accompagna la storia che essa stessa ha scritto e la valorizza perché sa qual è il suo obiettivo: indagare la poliedricità dell’amore attraverso lo sguardo dei protagonisti, attraverso il tempo, percorrendo un itinerario esclusivamente umano fatto da gioie e dolori, fallimenti e successi, in cui gli interpreti parlano e pensano come noi, come ragazzi normali che devono affrontare le insicurezze del presente e la trasformazione dei rapporti interpersonali, senza clamore o eroismi di sorta.
Dieci Capodanni si presenta come una serie realistica che, grazie a una regia immersiva ed essenziale, ci dà la sensazione di essere sul set; l’unica nota surreale e allucinata riguarda il Berghain, luogo di culto e perdizione. Quella chiacchierata con il guardarobiere ricorda tanto Lloyd, il barista incontrato da Jack Torrance in Shining (c’è anche spazio per Sven, o qualcuno che assomiglia al cerbero berlinese).
Sorogoyen ricorre a lunghi piani sequenza e alla camera a spalla per permetterci di seguire la vicenda senza la sensazione di artificiosità. Discorso analogo per il montaggio minimale, che lascia ampio spazio alle interazioni e ai dialoghi, ben scritti e molto naturali. La fotografia desaturata dà invece un tocco di storicità alla narrazione. Illuminazione e costumi portano avanti l’ottima ricostruzione del reale.
Il regista madrileno ha fatto di nuovo centro con questa sua ultima opera, emoziona e fa riflettere. Porta su schermo il quotidiano, che in mano sua si dimostra tutt’altro che banale. Se questa serie vi ha conquistato, allora vale davvero la pena recuperare la sua filmografia.
Va fatto anche un particolare plauso alla Rai, che ha permesso al pubblico italiano di vedere, sulla sua piattaforma streaming, questa piccola grande perla del panorama seriale.