Diciannove - Audace e anticonformista
Diciannove racconta di Leonardo (l’ottimo Manfredi Marini), uno studente palermitano che, con poca convinzione, va a Londra dalla sorella per studiare business, salvo subito ricredersi e trasferirsi a Siena, dopo aver controllato su internet la migliore università in Italia per studiare lettere classiche. Il film accompagna Leonardo alla scoperta di sé, delle proprie passioni, della propria sessualità e nella ricerca di una propria dimensione, e lo fa con una sorprendente combinazione di ironia e sperimentalismo.
Per chi, come il sottoscritto, ha sofferto o soffre di epistassi, la scena di apertura del film risulterà alquanto familiare. Infatti, Leonardo si sveglia nel pieno della notte dopo che un rivolo di sangue ha bagnato il suo cuscino, si siede sul water senza applicare ghiaccio né tenere la testa alzata ma lasciando il sangue scorrere liberamente, e infine soffia un minaccioso grumo rosso scuro nel lavandino. Un incipit fatto di sole immagini, semplice ma specifico, che mi ha subito permesso di stabilire una connessione con il protagonista, riallacciandosi ad un ricordo personale. (Qualora le perdite di sangue dovessero ripetersi con una certa frequenza, consiglio al personaggio di Leonardo di far cauterizzare il capillare debole, operazione che, per quanto dolorosa, eviterà questi risvegli splatter).
Per chi non avesse mai sofferto di epistassi: nessun allarme! Poiché il film offre immediatamente altre esilaranti vie d’ingresso nel vivo della storia, a partire dall’introduzione della madre di Leonardo che prima, sconcertata da come il figlio sta preparando la valigia, gli mostra come piegare una camicia e poi, mentre lo accompagna in aeroporto, inizia ad elencare tutte le cose che il figlio deve avere con sé: documenti, portafogli, telefono, caricatore del telefono, ecc. Il film eccelle proprio nel rappresentare momenti e interazioni quotidiani appartenenti al vissuto comune: chi non si è mai sorbito una interminabile check list che sembra esaurire qualsiasi conversazione possibile tra genitore e figlio? Già da questo semplice dialogo in macchina si può inoltre evincere lo stile poco ortodosso del film. Infatti, piuttosto che una monotona e canonica alternanza di campo e controcampo, la scena è farcita di zoommate ed è montata con un ritmo scazonte (‘zoppicante’), per citare la metrica classica cara al personaggio.
Sebbene le situazioni rappresentate nel film siano comuni, familiari e perciò universali — basti pensare alla perenne tristezza della studentessa iscritta a giurisprudenza, cui fa da contraltare l’entusiasmo della studentessa di medicina; alla polvere e trascuratezza della stanza di un fuori sede; alla contrapposizione tra le abitudini della vita universitaria e la spensieratezza di quando si torna a casa per le vacanze —, il modo in cui vengono messe in scena è invece innovativo e non convenzionale. Regia e montaggio (complimenti al montatore Marco Costa) dialogano sublimemente trovando un linguaggio ardito ma perfettamente funzionale nell’esprimere lo spaesamento ed il tormento di Leonardo. Immagini che appaiono a intermittenza solo per brevi istanti, macchie che irrompono improvvisamente sullo schermo oscurando e negando un volto in primo piano, scritte a tutto schermo che frammentano la narrazione visiva, split screen, zoommate repentine, primi piani che si alternano freneticamente, fermo fotogrammi, interventi grafici, illustrazioni e animazioni…il film è un vulcano di trovate visive.
Questo sperimentalismo, questa volontà di provare le più diverse tecniche cinematografiche, così come l’uso di musica classica per accompagnare alcune scene, ricorda l’incessante ricerca stilistica portata avanti da Pier Paolo Pasolini nelle proprie opere. E questo parallelismo è reso ancora più interessante dal numero di volte in cui Pasolini viene citato all’interno del film. Infatti Leonardo ne critica il modo di scrivere così come la mancanza di morale, soprattutto quando messo a confronto con i testi degli autori classici di cui va ghiotto. Allo stesso tempo però, si masturba guardando una scena di Salò o le 120 giornate di Sodoma. Leonardo vive un rapporto conflittuale con la contemporaneità, provando al contempo repulsione e attrazione nei suoi confronti. Se da un lato l’isolamento dal mondo esterno e dai suoi coetanei – che ricorda un po’ lo studente protagonista di Un Uomo Che Dorme di Georges Perec – si lega allo studio e alla passione per la poesia del Trecento, dall’altro lato l’esplorazione della propria sessualità è strettamente legata al presente: feste in discoteca, siti per incontri online, l’infatuazione per un ragazzino amante della trap rintracciato sui social. Leonardo vive di antitesi e scelte drastiche così come il film di cui è protagonista mescola i generi ed è radicale.
Da ex studente di Lettere trovo infine coraggiosa e importante la critica che il film avanza nei confronti del sistema universitario e dell’insegnamento della Letteratura. Infatti Leonardo prova una certa insofferenza verso le spiegazioni del professore di letteratura italiana, che lui trova noiose. Lui si nutre della lettura integrale di poesie e componimenti – attraverso libri antichi che colleziona in maniera ossessiva spendendo tutta la paghetta –, ma il suo bisogno di concentrarsi direttamente sulle voci degli autori, si scontra con la visione ridotta e ottusa di un professore ormai più interessato alle definizioni, alla propria interpretazione critica e al fatto che gli studenti acquistino e studino il suo libro, piuttosto che avere una conoscenza approfondita dei testi. L’indignazione di Leonardo sfocia in un timido tentativo di rivolta per cui scrive una lettera anonima in cui si scaglia contro il professore, e ne stampa più copie da diffondere all’università, salvo poi ripensarci e ritirare l’unica copia che aveva appoggiato su una panchina, andandosene via con la coda tra le gambe. Con un po’ di ironia il film ricorda il fervore dato anche dalla giovane età del protagonista, rivoluzionario mancato.
Diciannove è un’opera audace, libera, anticonvenzionale e piena di inventiva, il cui linguaggio sperimentale non si riduce ad un mero esercizio di stile ma costituisce invece il modo migliore e perfettamente organico per raccontarne la storia. Il film è prodotto da Luca Guadagnino e segna il debutto alla regia di Giovanni Tortorici, già assistente regia in We Are Who We Are e Bones and All. Magari ci fossero più esordi così!